Nella selva dei fichidindia

by - ottobre 24, 2013


Alle tre, nel sole di dicembre, dietro il mare, il treno entrava, piccoli vagoni verdi, in una gola di roccia e poi nella selva di fichidindia. Era la ferrovia secondaria, in Sicilia, da Siracusa per le montagne: Sortino, Palazzolo, Monte Lauro, Vizzini, Grammichele. Cominciarono a passare le stazioni, casotti di legno col sole sul cappello rosso dei capistazione, e la selva si apriva, si stringeva, di fichidindia alti come forche. 

Erano di pietra celeste tutti fichidindia, e quando si incontrava anima viva era un ragazzo che andava o tornava, lungo la linea, per cogliere i frutti coronati di spine che crescevano, corallo, sulla pietra di fichidindia. 

Gridava al treno mentre il treno gli passava davanti. Soffiava vento entro le cave della foresta; lo si sentiva, alle fermate, suonare un vento minuto. E tra i fichidindia apparivano case; il treno si fermava sulle arcate di un ponte e dal ponte girava la gradinata di tetti; si attraversava la galleria, si era di nuove tra fichidindia e scogliere di roccia, e di nuovo non si incontrava altra anima viva che un ragazzo. 

Gridava, gridava al treno, mentre il treno gli passava davanti; e il sole era sopra al grido di lui, sulle bandierine rosse, sui cappelli rossi dei capistazioni. D'un tratto, poi, un cappello rosso, una bandiera rossa, un grido di ragazzo furono senza più sole; e si salì e si passarono gallerie, si videro lunghe schiene di montagna, e alle fermate, giù in una conca, quattro luci, cinque luci, i paesi.

Poi una voce disse: Siamo a Vizzini. Eravamo fermi, si scese lungo l' acqua, nella notte piena, e da una parte c' era la montagna, dall'altra il cielo...


Elio Vittorini - Conversazione in Sicilia

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