Facciata natalizia napoletana
zeppe di strilli, inferme, in alto alle cornici,
ove il cielo dei fili si perde nell'albore
murario delle cupole e nel freddo del cuore,
e Napoli nell'agro falsetto trova il piglio
grinzoso, la sua matria ridicola di figlio
di scena è la facciata ove il Natale mostra
i melloni, le sorbe, l'uva dei merletti
di carta, i fichi d'India. (E' la nomenclatura
del far tutto con cura.) Qui sbiadiva la nostra
fanciullezza pensosa: la stanza, i vecchi letti,
il Vesuvio dipinto sul mare di Bengala.
Era l'aria festiva, era l'aria di tutti,
la porta sulla scala aperta ai pastori
che piangevano i lutti, il bambino che viene
in braccio alle novene.
Era un vederci fuori
di noi, "al vento, al gelo", per restar dentro, al fiato
di quel primo passato ove albeggiava il cielo.
Ho dipinto un ricordo, il ricordo ha la mano
paffuta di geloni per quel mangiare poco
in mostra sui balconi, ma dipingo per gioco.
Alfonso Gatto
0 commenti