Al padre
Il terremoto del 1908 che rase al suolo la città di Messina |
Dove sull’acque viola era Messina,
tra fili spezzati e macerie
tu vai lungo binari e scambi
col tuo berretto di gallo isolano.
Il terremoto ribolle da due giorni,
è dicembre d’uragani e mare avvelenato.
Le nostre notti cadono nei carri merci
e noi bestiame infantile
col tuo berretto di gallo isolano.
Il terremoto ribolle da due giorni,
è dicembre d’uragani e mare avvelenato.
Le nostre notti cadono nei carri merci
e noi bestiame infantile
contiamo sogni polverosi con i morti
sfondati dai ferri, mordendo mandorle
e mele dissecate a ghirlanda.
La scienza del dolore
mise verità e lame
La scienza del dolore
mise verità e lame
nei giochi dei bassopiani di malaria
gialla e terzana gonfia di fango.
La tua pazienza triste, delicata,
ci rubò la paura,
La tua pazienza triste, delicata,
ci rubò la paura,
fu lezione di giorni uniti alla morte
tradita, al vilipendio dei ladroni
presi fra i rottami e giustiziati al buio
dalla fucileria degli sbarchi, un conto
di numeri bassi che tornava esatto
concentrico, un bilancio di vita futura.
Il tuo berretto di sole andava su e giù
nel poco spazio che sempre ti hanno dato.
Anche a me misurarono ogni cosa,
e ho portato il tuo nome
un pò più in là dell’odio e dell’invidia.
Quel rosso del tuo capo era una mitria,
una corona con le ali d’aquila.
E ora nell’aquila dei tuoi novant’anni
ho voluto parlare con te, coi tuoi segnali
di partenza colorati dalla lanterna
notturna, e qui da una ruota
imperfetta del mondo,
su una piena di muri serrati,
lontano dai gelsomini d’Arabia
dove ancora tu sei, per dirti
ciò che non potevo un tempo - difficile affinità
di pensieri - per dirti, e non ci ascoltano solo
cicale del biviere, agavi lentischi,
come il campiere dice al suo padrone:
"Baciamu li mani".
"Baciamu li mani".
Questo, non altro.
Oscuramente forte è la vita.
Salvatore Quasimodo
1 commenti
Poesia sublime del grande Maestro, insuperato.
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