"In Sicilia non importa far male o far bene...

by - settembre 22, 2012


" ...Stia a sentirmi, Chevalley, se si fosse trattato di un segno di onore, di un semplice titolo da scrivere sulla carta da visita e basta, sarei stato lieto di accettare; trovo che in questo momento decisivo per il futuro dello stato italiano è dovere di ognuno dare la propria adesione, evitare l'impressione di screzi dinanzi a quegli stati esteri che ci guardano con un timore o con una speranza che si riveleranno ingiustificati ma che per ora esistono".

"Ma allora, principe, perchè non accettare?"

"Abbia pazienza Chevalley, adesso mi spiegherò; noi siciliani siamo stati avvezzi da una lunghissima egemonia di governanti che non erano della nostra religione, che non parlavano la nostra lingua, a spaccare il capello in quattro. Se non si faceva così non si sfuggiva agli esattori bizantini, agli emiri berberi, ai vicerè spagnoli. Adesso la piega è presa, siamo fatti così. Avevo detto 'adesione' non 'partecipazione'. In questi sei ultimi mesi, da quando il vostro Garibaldi ha posto piede a Marsala, troppe cose sono state fatte senza consultarci perché adesso si possa chiedere a un membro della vecchia classe dirigente di svilupparle e portarle a compimento; adesso non voglio discutere se ciò che si è fatto è stato male o bene; per conto mio credo che parecchio sia stato male; ma voglio dirle subito ciò che Lei capirà da solo quando sarà stato un anno fra noi. In Sicilia non importa far male o far bene; il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di 'fare'. Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il 'la'; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei, Chevalley, e quanto la regina d'Inghilterra; eppure da duemila cinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è in gran parte colpa nostra; ma siamo stanchi e svuotati lo stesso".

Adesso Chevalley era turbato. "Ma ad ogni modo questo adesso è finito; adesso la Sicilia non è più terra di conquista ma libera parte di un libero stato".

"L'intenzione è buona, Chevalley, ma tardiva; del resto le ho già detto che in massima parte è colpa nostra; Lei mi parlava poco fa di una giovane Sicilia che si affaccia alle meraviglie del mondo moderno; per conto mio mi sembra piuttosto una centenaria trascinata in carrozzella alla Esposizione Universale di Londra, che non comprende nulla, che s'impipa di tutto, delle acciaierie di Sheffield come delle filande di Manchester, e che agogna soltanto di ritrovare il proprio dormiveglia fra i suoi cuscini sbavati e il suo orinale sotto il letto."

Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa

You May Also Like

0 commenti